Il corrosivo del  19 ottobre 2010

      

        Qualche amico mi ha chiesto, in questi giorni di grandi mutamenti:  “Se tu fossi ancora impegnato in politica, e nello schieramento di centro-destra, che cosa faresti? Rimarresti con Berlusconi o passeresti con Fini?” Dapprima ho risposto con una risata, esprimendo la mia felicità: primo per non essere più impegnato in politica, secondo per non esserlo più nel centro-destra. Vuoi mettere come si sta bene al di fuori della politica e al di fuori del centro-destra? Poi, però, ho riflettuto: qualche risposta più seria di una sardonica e soddisfatta risata quella domanda la meritava. Così mi sono messo a pensare. Non solo a pensare. Mi sono messo anche a “sentire”, a pelle, a provare a immedesimarmi in coloro che nel centro-destra sento più vicini: Rabbuffo, Morra, quelli che hanno avuto anche loro, come me, un passato o una radice nel MSI e che hanno poi fatto una trafila che non ho fatto io, passando per quel partito più democristiano della DC che è stata Alleanza Nazionale e approdando in quell’altro partito, assai poco serio, figlio di un predellino, che è il PDL. Che cosa farei al posto di Morra o di Rabbuffo?

        La risposta alla domanda non può venire dalla ragione, ma dall’istinto. E l’istinto mi suggerirebbe senz’altro, stando al loro posto, di passare con Fini, per le cose che dice e per come le dice. Mi tratterrebbe però dal passare con lui il ritardo con cui le dice, perché io, chi era Berlusconi e che cosa veramente volesse, lo capii, drammaticamente, nel lontano 1995, quando in un estremo tentativo di immolarmi sull’altare del cambiamento, scelsi di candidarmi in Forza Italia, visto che Alleanza Nazionale non mi voleva perché ero ritenuto troppo di destra, sperando che quel partito volesse davvero il cambiamento e facesse perciò di tutto per non mettersi nelle mani del vecchio potere democristiano e socialista. Ma poi su quel partito ci salì Tancredi senior (anche per colpa di Mazzitti e Di Benedetto, che avevano fato finta di combatterlo), il quale se ne impadronì e ogni speranza di cambiamento finì.

         Ma altre considerazioni, (oltre la tardività della sua denuncia del berlusconismo) mi impedirebbero di passare con Fini, se mi trovassi oggi nella necessità di scegliere tra FLI e PDL. Innanzitutto la poca fiducia che Fini mi ha sempre ispirato, da quando nel MSI era il portaborse di Almirante e già mostrava che il baricentro della sua politica era la sua ambizione, sul cui altare era disposto, come poi avvenne, a sacrificare ogni sogno e a rinnegare ogni precedente posizione politica. In secondo luogo mi terrebbe lontano dal nuovo partito di Fini il vedere che gente ci sta entrando e con quale passato politico alle spalle. Personaggi alla Catone, per intenderci, i quali alla politica hanno già dato tutto il peggio di sé, ma vogliono vedere se ancora ne hanno, di peggio, da esprimere e da dare. Allora mi dico che forse ha fatto male Berardo Rabbuffo a passare con Fini, avendo per compagni (non più camerati), personaggi così impresentabili, e bene ha fatto Giandonato Morra a restare dove sta, anche se provo tanta pena a pensare che sta dove sta, essendo fatto lui com’è fatto (cioè essendo persona seria), anche se capisco che l’uomo (non lui, parlo dell’uomo in genere) è debole e che, dopo tanti sacrifici e tante delusioni è anche possibile che qualcuno si lasci attrarre e gratificare dal potere e dai suoi luccicanti lustrini.

         Poi mi abbandono ancora di più all’istinto, ma non rimango nemmeno sordo alle lusinghe della ragione, così comincio a dar retta ora all’uno ora all’altra e dalla loro congiunta evocazione mi arriva il sibilo di uno strisciante quanto irresistibile punto di domanda: ma perché Giandonato Morra, che so com’è fatto, che so persona seria e sincera, di cui sono certo che non abbia dismesso gli abiti del sognatore di un’altra concezione della politica, diversa da quella che si abbandona a pratiche innominabili ed esecrabili, si fa prendere da una fretta maledetta, quella di complimentarsi con Paolo Tancredi per essere stato “chiamato”, (i politici di oggi sono tutti chiamati, anche quando vengono eletti) a ricoprire il ruolo (poi non eccezionalmente prestigioso) di segretario di una commissione parlamentare? Io voglio bene a Paolo, che è stato mio apprezzato alunno, con cui ho avuto sempre un ottimo rapporto e che stimo sul piano umano, ma ho sempre combattuto un certo tipo di politica che lo ha preceduto e di cui ha raccolto l’eredità, facendosene poi interprete fedele. Per anni e anni anche il partito nel quale ci siamo trovati insieme a militare (era davvero una milizia) io e Giandonato Morra ha combattuto quel certo tipo di politica.

         Chi e che cosa ci ha divaricato tanto, da indurre Morra a fare ciò che io non farei mai, cioè genuflettermi a quella pratica della politica così a lungo combattuta e che ancora combatto, anche se non più sul piano politico-operativo, ma testimoniando una concezione teorica ed intellettuale? Non riesco a darmi una risposta. Peggio: una congiunta seduzione del mio istinto e della mia ragione me ne suggeriscono una che mi dispiacerebbe molto attribuire a Morra come motivazione del suo comportamento da assessore del PDL.