Il corrosivo del  14 settembre 2010

      

     In questi ultimi anni (che pure sono tempi di crisi), stiamo assistendo a Teramo al proliferare di nuovi fogli, periodici free press, agenzie di stampa, siti web e si annunciano grandi novità anche sul piano delle web television e di emittenti televisive sul digitale terrestre. Tutta questa effervescenza giornalistica mi fa piacere, perché bisogna sempre essere contenti (e io lo sono), quando nascono nuove testate, e sempre tristi (e io lo sono), quando ce n’è qualcuna che muore o quando testate esistenti chiudono le loro redazioni locali.

     La libertà di espressione e la libertà di opinione le ho sempre considerate come sacre, tanto da essere stato sempre contrario all’ordine dei giornalisti così come esso è stato concepito, prima da Mussolini nel 1925 e poi dalla Repubblica Italiana nella legge del 1963, così come sono contrario alla proposta del PDL che, mirando a chiudere l’ordine, proponendo una carta di identità del giornalista, in pratica conculca ed opprime quelle libertà, riservando il diritto di scrittura e di lettura della realtà solo a chi è inserito in un elenco. E invece deve poter scrivere e pubblicare chiunque, così come deve poter parlare in libertà chiunque abbia qualcosa da dire. Se poi dice (o pubblica) cose inesatte, c’è la legge penale che interviene; se dice cose non condivisibili, chiunque può dirsi in disaccordo e contrapporre un’opinione diversa; se dice cose banali e stupide, alla lunga saranno in pochi quelli che avranno la voglia di continuare a stare a sentirlo o a leggere quello che scrive (o pubblica). Quindi, su questo proliferare di testate giornalistiche e di siti web faccio festa grande, anzi grandissima, anche perché le energie dispiegate nel giornalismo, libero e indipendente, non sono mai troppe e io sono contento anche di festeggiare la libertà di impresa nel campo del giornalismo.     

     Ma ho molte perplessità su un aspetto diverso da quello giornalistico, che però alla distanza su quello giornalistico si ribalta e si riflette, ed è l’aspetto economico. E’ ovvio che, quando molte testate (che per sopravvivere hanno bisogno di sostenere dei costi auspicando che essi siano superati dai ricavi), si trovano a competere in un bacino assai ristretto di potenziali inserzionisti pubblicitari, in un quadro economico e imprenditoriale povero come quello teramano, per molte di esse si profilano difficoltà di sopravvivenza. Scatta così, inesorabile, la selezione naturale. Come nella storia del mondo alcune specie si sono estinte e altre sono sopravvissute e si sono evolute, così nella realtà del giornalismo teramano ora in piena proliferazione, altrettanto inesorabilmente alcune testate si estingueranno e altre sopravvivranno e si evolveranno.

      Quali di esse sono destinate alla prima sorte e quali alla seconda? Difficile dirlo, esaminandole una per una, perché si possono definire solo delle leggi generali in base alle quali prevedere quello che accadrà. E’ fin troppo facile immaginare che sopravvivranno, tra le testate, le migliori, quelle che garantiranno una più grande qualità, ma si fa presto a parlare di “migliori” e “peggiori” e di qualità. E’ difficile dire in concreto in che consista la qualità e in che cosa si possa essere migliori o peggiori. Alcune di queste testate hanno alle spalle editori puri, altre imprenditori impegnati in altri campi; alcune hanno dei referenti politici palesi, altre ne hanno di occulti, pur assicurando tutte di non averne alcuno. Un editore impuro, imprenditore di successo, che ha alle spalle un politico che conta e può ripianare i deficit di bilancio può anche supplire ad una carenza di qualità, soprattutto tenendo conto che la qualità può essere tutt’al più soppesata dai lettori, ma non essendoci molti strumenti di misurazione dell’indice di gradimento, finisce per pesare solo la qualità percepita o fatta percepire agli inserzionisti pubblicitari, sui quali si può intervenire in tanti modi per far loro percepire, nel caso, una qualità superiore a quella oggettiva.

     Quel che è certo è che, stando al puro gioco dei numeri, dei costi e dei ricavi (quest’ultimi, si spera, solo pubblicitari), alcune testate spariranno, perché le risorse pubblicitarie a disposizione non sono sufficienti a garantire la sopravvivenza a tutte. Delle quali, alcune sono gestite da esperti capitani di lungo corso, altre da nostromi rotti a mille battaglie, altre ancora da marinai alle prime armi, che hanno appena scoperto che esiste il mare e credono che lo si possa attraversare sfidando le tempeste a bordo di piccole imbarcazioni, fatte passare per grandi navi transoceaniche. Alcuni di questi avventurosi personaggi già stanno affrontando le prime difficoltà vivacchiando alla giornata, schivando le bordate delle fatture dei costi di stampa o di altra natura con dilazioni, tergiversazioni e giustificazioni puerili, o elemosinando contribuzioni e donazioni come se fossero dei mendicanti seduti sui gradini delle chiese.

      Sarà dura. Io personalmente mi auguro che a sopravvivere non sia questa o quella testata (anzi mi auguro che possano sopravvivere tutte, anche se è difficile), ma “l’indipendenza” di chi scrive, “indipendentemente” dal fatto che sia un giornalista iscritto all’ordine o no.