Il corrosivo del  31 agosto 2010

      

    

     Non so perché (e da dove derivi il vezzo-malcostume) nella concezione italiana dell’amministrazione della cosa pubblica il rapporto tra amministratore e amministrato, il ruolo centrale sia rappresentato dal concetto di “tassa”. Non so perché o forse lo so benissimo e la conoscenza mi deriva dalle tante pagine di storia che ho letto, nelle quali ho seguito le narrazioni di fatti e avvenimenti che si intrecciavano in un quadro in cui, nella penisola italiana, il potere del sovrano si esercitava sui sudditi proprio nelle forme in cui ancora oggi l’amministratore, ai vari livelli, da quello locale a quello statale, interpreta la funzione della “tassa”, una specie di obolo che si deve versare per dovere di nascita ad un’entità sovrana, per il solo fatto che essa esista. Insomma, la “tassa” è il balzello, una somma da versare per poter godere e usufruire di diritti che dovrebbero essere naturali e che, considerati “sociali”, sono ritenuti a pagamento.

     Una volta era così in tutta Europa, poi, a cominciare dalla Francia, nacquero i cittadini e si sostituirono ai sudditi, quasi dovunque, meno che in Italia. Gli amministrati in Italia non sono mai diventati cittadini e sono rimasti sudditi, perciò tenuti al pagamento della tassa, anzi, delle tasse, considerato che la tassa per sua natura tende a proliferare. Si deve pagare una tassa quasi per tutto e anche pagamenti allo Stato che una volta non erano tasse, ma canoni, lo sono diventate (casi tipici: l’abbonamento alla Televisione, diventato da canone una tassa di proprietà, e il bollo dell’auto, il cui pagamento è diventato anch’esso una tassa di proprietà). E’ accaduto che con la mentalità della tassa e con il suo espandersi, la fantasia italiana si è sbizzarrita, creando delle tasse per le ragioni più strane e bislacche, in una gara di creativa immaginazione che si è prestata, e ancora si presta, a considerazioni comiche.

     Pensate: si è arrivati all’imposizione di tasse per le cose più strane, fino ad arrivare alla tassa sull’ombra (pensiline di negozi), sul sole (esposizioni all’aperto) e ad immaginarne altre ancora più ridicole, sui balconi e sui camini. Il fatto è che anche pagamenti legittimi e del tutto giustificati (pedaggi autostradali, occupazioni di suolo pubblico, parcheggi, smaltimento rifiuti etc,) vengono considerati dagli amministratori come tasse e non come canoni o pagamento di servizi. E’ accaduto così che con il trionfo del concetto di “tassa” è del tutto scomparso il concetto di pagamento di una somma pagata in contropartita, e quindi in relazione alla prestazione di un servizio. Certe somme si devono pagare e basta (sono appunto “tasse”) e non come pagamento di un servizio. Quindi, da pagare sempre e in ogni caso, anche nel caso di un servizio pessimo e perfino in assenza dell’effettiva prestazione di un servizio.

     Tutto diventa tassa: anche una penalità o una sanzione. Quando si incappa in un semaforo con il giallo truccato, quando si è vittima di un autovelox con il trabocchetto o di una ZTL mimetizzata o di una pattuglia nascosta in un cespuglio che si materializza all’improvviso, e si paga la giusta sanzione, l’impressione che si ha è che si stia pagando una tassa. E quando si paga in ritardo si paga una sovrattassa mentre quando un ente pubblico o para-pubblico ci rimborsa in ritardo di qualche importo non ci riconosce alcuna somma in più. Ora qualche bellimbusto a Teramo sta pensando di istituire a protezione del centro storico pedonalizzato delle telecamere, come se non bastassero i varchi con le fotocellule.

     La proposta non ha l’obiettivo di migliorare la prestazione di un servizio, ma solo quello di istituire una “tassa” in più, perché nasce proprio dal concetto di tassazione, alla quale tutti i cittadini-sudditi devono essere soggetti, nella convinzione che essi passino metà del loro tempo, se non tutto il loro tempo, a studiare il modo per “fregare meglio” gli amministratori. In un concezione “impositiva” dell’ente pubblico, si crea una specie di lotta tra guardie e ladri, in cui le prime cercano di fregare i secondi e i secondi cercano di fregare le prime. Lo Stato non si fida del cittadino e il cittadino non si fida dello Stato, perché lo Stato non è uno Stato giusto e il cittadino non è un cittadino vero.

     Lo Stato, o il Comune o la Provincia, o la Regione pretendono il pagamento indifferenziato delle loro tasse, anche quando la qualità del servizio per il quale vengono pagate quelle tasse (che non dovrebbero nemmeno essere considerate tasse né imposte) non raggiunge un minimo di decenza. Così ci capita di pagare somme costosissime per lo smaltimento dei rifiuti anche quando i rifiuti non vengono smaltiti a dovere o pagare somme per dei passi carrabili per i quali il Comune non spende nulla e non assicura alcun servizio.

     Insomma il motto continua ad essere: “Io ti tasso e tu stai zitto! Paga e taci!”.