Il corrosivo del  20 luglio 2010

 

       “La colata” è il titolo di un libro che sta conoscendo proprio in questi giorni un grande successo editoriale. Vi si parla del “partito del cemento”, che dà il titolo ad un altro libro, pure di grande successo. Entrambi i libri documentano come in Italia sia in forte aumento il consumo del territorio, con una crescente aggressione all’ambiente e al paesaggio e denunciano un incontrollato e inarrestabile sviluppo urbano ed edilizio. Da parte dei “cementificatori”, e degli amministratori che tengono loro bordone, si continua a puntare sul riempimento di spazi urbani vuoti, pur essendo a disposizione nelle immediate vicinanze antichi fabbricati inutilizzati, che potrebbero essere con poca spesa restaurati e riadattati per varie tipologie di riutilizzo, senza essere costretti a cancellare per sempre spazi verdi sia dentro le città, nei centri storici, che ad essi adiacenti.

       Anche a Teramo cresce l’arrendevolezza del potere locale nei confronti del partito del cemento, mascherata dietro pseudo-giustificazioni urbanistiche illogiche e paradossali, oltre che inaccettabili. Anche a Teramo crollano i dati delle compravendite e cresce l’invenduto, eppure si continua a progettare nuovi insediamenti abitativi, destinati ad essere immessi in un mercato nel quale chi ha bisogno di case non riesce ad comperarle e chi ha bisogno di investire può farlo, senza tener conto dell’immediato economico e finanziario, in un quadro nel quale emerge sempre di più l’urgenza non sempre chiara di regolarizzare flussi monetari non altrimenti giustificabili.

        Torniamo a fare il caso del vecchio campo sportivo comunale, immaginando che sull’area non ci sia un impianto sportivo storico, lasciato volutamente nel degrado per poterne giustificate l’abbattimento. Immaginiamo che l’area sia sgombra, immaginiamo che ci siano ancora i preesistenti antichi orti “de Luràte” (di Loreto), cioè aperta campagna. Liberiamoci del peso della nostalgia e dei ricordi. Bene, anche in questa caso, sarebbe illogico e mostruoso pensare di cementificare quell’area ipoteticamente libera da costruzioni, sia pure con la giustificazione capziosa di volerci costruire un teatro. Non si deve per forza considerare quell’area alla stregua dei palazzinari e dei loro mentori ed aedi, cioè in base al suo valore edificatorio, di cui i cittadini teramani potrebbero usufruire (però in tutto il project financing relativo a beneficiarne non saranno i cittadini teramani, ma gli imprenditori privati). Quell’area ha un suo valore sociale ed ambientale. Non si può pensare ad una città dove non ci sia che una successione di pieni e non un’alternanza di pieni e di vuoti. Non si può pensare che un’area urbana sulla quale non c’è nulla non vale niente e sia un bene sprecato, non si può pensare che sia necessario provvedere perché ci sia qualche cosa.

        In urbanistica sono i vuoti che danno senso ai pieni e sulla tastiera di un pianoforte è l’alternanza di tasti bianchi e neri che assicura la musicalità. O dobbiamo per forza immaginare un pianoforte con tasti tutti solo neri o tutti solo bianchi? Quel che stride con le giustificazioni addotte a sostegno del progetto di costruzione del nuovo teatro è l’edificazione di palazzine e di abitazioni (immaginando che sia la sola presunta contropartita del partner privato), in un quadro di rialzo dei prezzi che prescinde totalmente dai costi di costruzione, destinate ad entrare nell'orbita del mercato finanziario per alimentare più la redditività delle imprese che non i bisogni effettivi delle famiglie teramane.

       In un recente convegno Giovanni Caudo, docente dell’Università Roma Tre, ha dichiarato che investire sul mattone è vantaggioso per le aziende, ma non per una parte importante della cittadinanza come giovani, immigrati, lavoratori precari e anziani, obbligati a pagare affitti più cari o a sobbarcarsi, a fronte di un reddito familiare in continua diminuzione, oneri insostenibili. Caudo ha anche spiegato come il boom delle costruzioni coincide con il fenomeno dell'aumento di case vuote e il concomitante riaffacciarsi del disagio abitativo, testimoniato da un preoccupante incremento degli sfratti per morosità.

       Il disaccoppiamento tra il costruire e l’abitare rende evidente il paradosso, anche teramano, di un modello di cementificazione che deteriora la qualità della vita delle persone. Per questo riempire quell’area “vuota”, anche solo immaginandola vuota e non “piena” di qualche cosa quale un impianto sportivo, è di per sé uno scempio. Perché anche a Teramo si vuol continuare a consumare il territorio, senza prima pensare a riutilizzare le vecchie costruzioni inutilizzate, e continuare ad immettere sul mercato immobiliare nuove abitazioni, quando ce ne sono tantissime lasciare sfitte dai loro proprietari?