Il corrosivo del 30 marzo 2010

Andare a Roma e non vedere il Papa. E’ capitato anche a me. Domenica scorsa,  pomeriggio inoltrato. Dopo aver visto le partite in tv, ho deciso di andare a vedere la Fiera dell’Agricoltura. Ma non l’ho vista. Quel che racconterò, in breve, è la storia di una disavventura e so già che, come spesso mi capita, dirò qualche cosa in controtendenza, perché ho avuto modo già di leggere alcuni commenti entusiastici sulla nuova “location” (ormai la chiamano tutti così) della Fiera. Ma io non l’ho vista. Forse ho fatto male a scegliere la domenica per andarci. La coda di auto sulla Teramo-Mare cominciava subito dopo la rampa di accesso e ho impiegato mezz’ora buona, procedendo a passo d’uomo e anche meno, per arrivare sul tratto superstradale che passa davanti alla zona del centro commerciale-stadio. Ho visto auto parcheggiate anche sotto i ponti e sulle piazzole dei due distributori di benzina. Ho visto auto parcheggiate un po’ dovunque nella zona dello stadio, meno che nel parcheggio, perché l’ho intravisto pieno di gru, di attrezzature agricole e dei soliti furgoncini di porchettari, paninari e venditori di cianfrusaglie che non so quanto c’entrino con una fiera dell’agricoltura. Ma dire che ho visto è troppo, perché ho solo intravisto, anche file di gente che procedeva a piedi, non pochi con i bambini sulle spalle, perché avendo parcheggiato chissà dove si doveva camminare non poco per portarsi nell’area espositiva. Sulla rampa d’uscita verso la zona della Fiera c’era un’autocolonna infinita, che procedeva assai lentamente. Ho calcolato che per arrivare davanti allo stadio ci sarebbe voluta ancora una mezz’ora buona e poi avrei avuto il problema di trovare un parcheggio, chi sa dove, forse lungo qualche ripida scarpata, come avevo visto che altri avevano fatto. Quanto tempo ancora ci avrei messo? Ho deciso di rinunciare; appena arrivato allo svincolo, ho tirato dritto, trovando finalmente la strada sgombra, e sono arrivato all’uscita successiva. Ho ripreso la Mare-Teramo in senso contrario, arrivando in città in breve tempo, ma dovendo fronteggiare di nuovo una lunga attesa per la solita fila che si forma sotto la galleria per immettersi sullo stradone. Tra andata e ritorno, ho impiegato un’ora e mezzo, senza concludere nulla. Se si  misura il successo di una manifestazione per il numero di persone che attira e se si giudica il successo di una “location” per la gran folla che decide ai raggiungerla, lo ammetto: questa edizione della Fiera dell’Agricoltura è stata un grande successo, da serie A, come qualcuno ha scritto. Ma se la valutazione la si basa sulla facilità da parte dei visitatori di raggiungere l’ambito traguardo, devo dire che non si può parlare di un successo, ma di un fallimento. Da quel che ho potuto vedere dal tratto superstradale, passandoci davanti, quella non era una Fiera, ma una “Malabolgia”, anzi, forse una vera e propria “fiera”, ma nell’accezione che si dà al termine quando si vuole tratteggiare una situazione di estrema confusione e di disordinata calca. Non oso immaginare che cosa sia successo la sera, quando quella gran massa di automobilisti ha dovuto necessariamente tornare verso Teramo; non oso pensare a quanto tempo abbiano impiegato per tornare in città. E’ vero che abbiamo risparmiato al centro storico o al quartiere della Gammarana, dove si sono svolte altre edizioni, quell’ingorgo incredibile, che peraltro non si è mai verificato in quella proporzione. Ma è altrettanto vero che non pochi hanno fatto la mia stessa scelta, rinunciando a presenziare all’evento, proseguendo e poi uscendo al secondo svincolo per San Nicolò. Io dico che fare la Fiera dove è stata fatta è stato un errore e non voglio dire che ho ragione e che chi dice cosa diversa abbia torto. Mi limito ad affermare che mi sarebbe piaciuto vedere la fiera e che non mi è stato reso possibile. E a ricordare che quando la si è fatta alla Gammarana, ci sono andato a piedi, senza spostare l’auto dal garage.