Il corrosivo del 2 marzo 2010

Compare in televisione il volto di un imbonitore politico tra i più spregevoli. So già quello che dirà, prima ancora che apra bocca. Poi la apre e comincia a dire proprio ciò che mi aspettavo. La solita distorsione dei fatti, la stessa faccia tosta nel dire il falso spacciandolo per vero. La sua presenza in video e in audio mi risulta insopportabile. Per fortuna ho in mano ciò che mi serve: il telecomando. E cambio canale. Non passa molto che anche su questo canale, e sì che su molti da tempo evito accuratamente di andarci, compaia lo stesso personaggio o un altro a lui omologo. Molti telegiornali da lungo tempo non li seguo più, avendo avuto la certezza che non raccontano i fatti, ma solo opinioni che distorcono i fatti e danno della realtà politica e sociale una visione assolutamente non corrispondente al vero. Tuttavia può capitare che, più o meno all’improvviso, anche sui canali che solitamente frequento compaia un altro concionatore politico di cui conosco le prerogative, consistenti nel non avere il minimo pudore a dire oggi il contrario di ciò che diceva ieri, nel parlare sempre bene di sé e dei propri amici di partito e sempre male di tutti gli altri schieramenti. Non lo lascio arrivare nemmeno alla quarta sillaba e cambio nuovamente canale. Cos’è questo? Intolleranza? Non ho paura di dire che sono  diventato intollerante nei confronti dei mentitori, dei ladri di pubblico denaro, di chi predica ed esibisce pubbliche virtù e pratica vizi privati. Viva l’intolleranza! Cos’è? Paura di confrontarmi con le idee di quanti pensano diversamente da ciò che penso io? No, è il desiderio di non prestarmi, come utente, come utilizzatore finale, ad un atto di malafede e di propaganda. E’ l’esercizio di un potere, l’unico che mi è rimasto che abbia un qualche significato. Perché il potere di votare mi è stato reso vano da una legge elettorale che non mi consente di scegliere il candidato preferito; il potere di non votare mi è stato vanificato da un’interpretazione falsa e non autentica dell’astensionismo; il potere di criticare e di dissentire è stato reso nullo da un monopolio di fatto nel campo della comunicazione e dell’informazione, non solo radiotelevisiva. E, allora, viva questo potere che mi è rimasto, quello del telecomando, che mi trasforma in un nuovo imperatore di me stesso, in grado di comminare il pollice verso a quanti compaiono in televisione dandomi un senso di nausea per ciò che sono, per ciò che dicono, per ciò che fanno, per ciò che dicono di voler fare, per ciò che dicono di non voler far fare agli altri! Il telecomando è il tele-potere più democratico che ci sia. Se non decide per gli altri, decide almeno per me. Riesce a dare espressione alla mia indignazione, spezza la catena di complicità con il potere politico diventato uno stra-potere. Davanti ad un’edicola soppeso la mia decisione. Se voglio, compro un giornale che già so esprimere un’opinione politica diversa dalla mia o un giornale che ha la mia stessa visione della politica. So che il primo mi dirà cose che non condivido e che il secondo mi dirà tendenzialmente cose che condivido, che si serve dei miei stessi criteri interpretativi. Sono io che scelgo quale giornale comperare. Il mio telecomando lì, di fronte all’edicola, è la mia decisione di acquistare questo, quello o niente. Davanti al televisore il mio telecomando è quello reale, con i bottoni, perché tutto ciò che mi arriva, che entra in casa mia senza invito, posso soltanto così, usando quei bottoni, accettarlo o rifiutarlo. Il telecomando è la mia stanza dei bottoni. Ce n’è uno, di bottoni, che è il più potente di tutti. Ha potere di vita e di morte su tutti quei buffoni e cortigiani che popolano il mondo della politica televisiva. Può farli vivere o morire, almeno “pres de moi”, come dicono i francesi. E’ il tasto che spegne il televisore, mettendolo in stand-by e oscurando lo schermo. Ma vicino a questo tasto ce n’è un altro ancora più potente, che si trova proprio sul televisore, e per usarlo bisogna scomodarsi un po’ di più, alzandosi dalla poltrona o dal letto. E’ il tasto che spegne proprio il televisore del tutto, spegnendo anche la lucetta rossa che indica che l’apparecchio è in attesa. Ma, pensateci bene, non trovate voi che ci sia un altro gesto, il più liberatorio, che tutti dovremmo compiere ogni tanto, se non proprio una volta per tutte? Consiste nello staccare dal muro la spina di alimentazione.