Il corrosivo del 16 febbraio 2010

Molti ricorderanno il tormentone di una delle più classiche e note commedie tragico-comiche di Eduardo De Filippo, “Natale in casa Cupiello”. Luca Cupiello, “uomo di fiducia”, come si autodefinisce, cerca invano per tutta la commedia di ottenere dal figlio Tommasino una risposta positiva alla domanda: “Ti piace il Presepe?”. Il povero Luca cambia posizione alle statuette, colore e disposizione alle pecorelle e compera perfino tre nuovi Re Magi, ma ottiene ogni volta dal cocciuto figlio la stessa risposta: “No. Il Presepe non mi piace!”. Evidentemente a Tommasino non era questa o quella disposizione che non piaceva, ma il Presepe in sé, l’idea stessa del Presepe e ciò che rappresentava. Mi è venuta in mente questa ostinazione di Tommasino, il figlio di “Lucariello” Cupiello pensando alla risposta che spesso ha dato il Sindaco Brucchi a chi ha avanzato delle critiche al project financing riguardante lo smantellamento del vecchio campo sportivo comunale di Teramo. “Se lo criticate – ha ripetuto Brucchi – è perché non conoscete il progetto e non sapete quanto è bello.” Nel dire questo, Brucchi si comporta con i suoi figli cocciuti (i suoi concittadini) come si comporta con suo figlio Luca Cupiello. Non capisce che il no a tutto il project financing non dipende dalla bellezza del progetto del nuovo Teatro che si vuole costruire o dell’arredo urbano dello spazio vuoto che rimane dopo l’edificazione della struttura cementizia e del parcheggio, non dipende dalla grazia o dalla bellezza della struttura architettonica, dal colore dell’edificio o da quant’altro ha a che fare con la disposizione dei manufatti. Niente di tutto questo. Come il no di Tommasino al padre che gli chiedeva se gli piacesse il Presepe non dipendeva dal colore dei Re Magi o delle pecorelle, ma dal Presepe in sé, così il no di chi oppone al project financing che Brucchi tanto decanta non dipende da un giudizio che si pretende possa essere diverso vedendo la bellezza del progetto, ma dalla contrarietà ad un presupposto che ne è alla base: lo smantellamento del vecchio campo sportivo e la rinuncia ad un impianto sportivo che, proprio perché è inserito nel cuore della città, si ritiene possa essere di preziosa utilità se se ne conserva la destinazione d’uso e la vocazione che la Teramo dei nostri padri seppe individuare con tanta sapienza e lungimiranza. Brucchi contempli pure le sue pecorelle e i suoi re magi, ne muti la disposizione e apporti pure quei piccoli cambiamenti che il PD sembra voler proporre, correndo sempre in aiuto dei vincitori e della maggioranze (invece di provare a fare opposizione per dare speranza ai vinti). Se si tratta di cambiare il colore della facciata del teatro, quello dei vetri e dei soppalchi, o di piantare una certa tipologia di alberi invece di quella prevista in partenza o il materiale delle le panchine (magari il corten tanto caro all’ex-assessore Vitelli), continuerà a ricevere in risposta lo stesso “no” cocciuto e testardo che Tommasino oppone al padre Lucariello. Questa contrarietà ad un progetto che come elemento di partenza ha lo smantellamento del vecchio comunale, proprio perché basata su uno smantellamento ritenuto sbagliato e sciagurato, va al di là di altre considerazioni che pure si possono fare per avanzare critiche profonde e serie all’intero progetto. Queste altre considerazioni attengono alla percezione (che di certo non sarebbe né erosa né scalfita, dalla contemplazione della presunta “bellezza” del progetto del nuovo Teatro) che in tutta l’operazione gli interessi dell’impresa privata sono di gran lunga preponderanti (per la quantità e la qualità oltre che per la valenza economico-finanziaria) sugli interessi del pubblico, inteso sia come ente pubblico sia come cittadinanza. Chiudo con un altro riferimento, questa volta non teatrale, ma cinematografico. Stia attento Brucchi a vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, dicendosi sicuro che, se si farà il referendum, il fronte del no all’abbattimento del vecchio comunale sarà sconfitto. Egli non può non sapere quanto il suo futuro come sindaco e come politico dipenda dall’esito del referendum e che ostentare sicurezze non aiuta a vincerlo. E che perderlo sarebbe per lui vedersi trasformare davanti agli occhi il progetto di un “Nuovo Cinema Paradiso” in quello di un “Nuovo Teatro Inferno”.