Il corrosivo del 2 febbraio 2010

E’ molto ricercato dai sospettati di crimini e delitti. Costoro riescono ad allontanare da sé ogni sospetto e ogni indizio riuscendo a dimostrare che nel momento in cui un reato veniva commesso loro erano “altrove”, in un altro posto. Per questo si chiama “alibi”. Fanno uso del termine film polizieschi e libri gialli, ma non è molto amato, e perciò è poco usato, dai cultori del diritto. Da qualche tempo il termine “alibi” viene usato sempre più spesso nel linguaggio comune come sinonimo di attenuante, di giustificazione. Forse a questa diffusione del termine, dico in questa accezione, hanno contribuito i politici e gli amministratori di enti pubblici, i quali assai spesso devono giustificare la loro assenza in un posto con l’asserita  necessità di essere presenti “altrove”, in un altro posto, dove, ovviamente, la loro presenza è assolutamente richiesta e irrinunciabile. Insomma, anche loro hanno bisogno di un “alibi”. E’ evidente che il luogo dove sono stati chiamati e dove la loro presenza è tanto preziosa è di gran lunga più importante del luogo dove di scusano di non poter essere. Insomma il loro ”alibi” (altrove) è sempre più importante del loro “ubi” (ove). Invitati a partecipare ad una riunione, ad un convegno, ad una dimostrazione, ad un evento, ad un battesimo o ad un funerale, si scusano di non poter essere presenti e inviano un saluto, spesso un telegramma, qualche volta un biglietto, in cui dicono di essere spiacenti di non poter essere presenti a causa di un “improrogabile impegno assunto in precedenza”. Non sempre sono precisi sul loro “alibi”, quasi sempre non dicono dove sono costretti a stare, lasciando intendere che lo fanno per sacrificio e con meno piacere. Non dicono nulla del loro “altrove”, che resta imprecisato e misterioso. Ma sicuramente è  un luogo di gran lunga più importante. Qualche volta il loro “alibi” arriva a posteriori, come una giustificazione tardiva, ma resta sempre inespresso, indistinto e misterioso. A volte accade che il politico si presenti ad un evento, ma dica subito di poter restare pochissimi minuti, perché un impegno importante li chiama “altrove”. Ha un “alibi”, appunto. Così ottiene di prendere la parola per primo, intrattenendosi per pochi minuti a parlare del nulla o limitandosi a porgere il proprio saluto, e poi se ne va, alzandosi dalla sedia e procedendo a passo svelto, per dare l’impressione di non poter tardare nemmeno di un minuto e che deve arrivare al più presto nel suo “alibi”, cioè nel suo “altrove”. C’è sempre un “altrove”. Chi sa dove si trova “l’altrove” dei nostri politici? Chi sa dove si trovavano, in quale “altrove”, i politici e gli amministratori che non hanno sentito il bisogno di essere presenti ai funerali del più grande poeta dialettale che Teramo abbia mai avuto, cioè Alfonso Sardella? Erano “altrove”. Se interrogati, ne sono certo, tutti e ciascuno diranno di essere stati chiamati “altrove”. E forse qualcuno di loro sarà pronto a rimproverare l’estensore di questa rubrica di avere avuto anche lui un “altrove”, che per la verità si trova piuttosto distante ed è difficile abbandonare in poco tempo da chi ha difficoltà derivanti dall’età e dalle condizioni di salute. Sono sicuro che l’alibi di tutti i politici e gli amministratori che hanno disertato i funerali di Alfonso Sardella è altrettanto valido e giustificabile del mio. Non faccio fatica a crederlo e ad ammetterlo. Ma, certo, il dovere istituzionale non è meno importante del dovere dell’amicizia. Forse, per quanto riguarda le presenze e le assenze, è addirittura più importante. Ma l’alibi dei politici ha una gamma di applicazioni molto vasta. Non li vediamo sempre con il telefonico incollato all’orecchio, mostrando che, pur quando stanno in un luogo con il corpo, stanno in un altro luogo, in un “altrove”, con il pensiero e con la mente? Sono indaffarati e impegnati su più fronti. Sono “ubiqui”. Stanno qui e contemporaneamente “altrove”. Quando, invece, il loro capobastone li convoca, magari per l’onomastico del loro cagnolino di compagnia, sono tutti presenti, tutti insieme e nello stesso posto, dal primo all’ultimo, come cortigiani affidabili e servi fedeli.