Il corrosivo del 8 dicembre 2009

Quanto fa zero più zero? E’ semplice fa zero. E quanto fa sommare UDT e Città delle virtù? E’ altrettanto semplice: fa sempre zero. Ovviamente sto parlando di una somma politica. Tra coloro che stanno cercando di fare un’addizione (UDT+Città delle virtù) ci sono persone rispettabili e stimabili, sul piano personale. Sul piano politico la loro valenza, se non è proprio zero, zero assoluto, poco ci manca. Non sto parlando di credibilità politica, anche se pure su questo piano si potrebbero fare lunghe discussioni e avanzare molti dubbi. Sto parlando di rappresentatività e, soprattutto, di propositività “del nuovo”. Sono legittimato a farlo, se gli addendi UDT-Città delle Virtù ritengono di poter indicare come risultato della somma: “Nuove energie”. Mi chiedo: ma quali energie? E, soprattutto, quali nuove? Politici come Lino Silvino e Paolo Albi hanno da tempo smesso completamente di rappresentare qualcosa che anche lontanamente possa essere connotato come nuovo. Così come Milton Di Sabatino. I loro accidentati percorsi politici danno più il senso di una corsa ad ostacoli, e a zig zag, che un avvicinamento al nuovo. Quanto a Lino Befacchia, quel che di nuovo espresse in una stagione politica personale assai breve, lo spese in fretta e male, rinunciando ad un ruolo da leader nel PD e cominciando a cucinare piatti immangiabili, di cui il capolavoro, per indigeribilità, fu la proposta di Albi candidato sindaco della sinistra nelle elezioni comunali di Teramo. Maria Gabriella Esposito propone come novità il richiamo al filosofo (si fa per dire) Antonio Rosmini, il cui pensiero era già vecchio nel panorama filosofico italiano nel momento stesso in cui lo formulava. Questi nobili signori, insieme ad altri  il cui nome non mi dice nulla e forse sono i soli ad esprimere il nuovo nel loro anonimato, vorrebbero dar vita, a quanto dicono, a un “partito cattolico”, continuando perciò a confondere religione e politica, confermando la volontà di trasferire nella gestione della cosa pubblica valori e principi che sarebbe meglio far rimanere nella sfera solo religiosa, e tornando ad indossare paramenti che si pretendono sacri e che sono tali solo quando si celebrano funzioni in una chiesa, non quando si devono prendere decisioni per tutti, anche per coloro che cattolici non sono. La confusione è sovrana quando, a spiegare le proprie ragioni, Befacchia chiama poi in causa Lenin, non certamente cattolico, dal quale prende in prestito la domanda “che fare?”, preferendo lui a Sidney Sonnino, dal quale avrebbe potuto prendere in prestito il più confacente, anche se in latino, quesito “quid agendum”. Ma tant’è. Lo stesso Befacchia parla di “bella gente” e di “bella serata” a proposito dell’occasione in cui in un noto ristorante cittadino, famoso perché vi si celebrano matrimoni di rango, si è avviata l’addizione la cui somma secondo me fa zero e secondo i convenuti fa quanto meno mille. Ma per un momento lascio la metafora dell’addizione e, stando al luogo, “sposo” quella del matrimonio. Dunque, dopo un fidanzamento non troppo fortunato (vista la sconfitta elettorale), Befacchia si sposa con Albi e Silvino. Poiché ci sono altri personaggi (bella gente), la cerimonia più che un matrimonio mi pare un’ammucchiata, e davanti a noti testimoni, quali Tommaso Ginoble e Manola Di Pasquale. Dove si colloca la nuova formazione? Ma è ovvio, stante la formazione cattolica, al centro. E il programma? Silvana Di Saverio, che anche lei fa parte della “belle gente”, dice che è troppo presto per parlare di un programma politico comune. Prima bisogna parlare di rispetto. Finalmente concordo. Prima bisogna avere rispetto… per gli elettori.