Il corrosivo del 13 ottobre 2009

Non so chi per primo e perché ha usato il termine “conclave” per indicare una riunione dei principali esponenti della maggioranza di centrodestra che amministra il Comune di Teramo svoltasi recentemente. Ritengo che il termine sia improprio, stante la natura della riunione, che si è svolta in un luogo non religioso e non per fini religiosi e, soprattutto, non ha avuto nessun carattere tipico di un conclave.  Tutti sanno che un conclave (dal latino cum-clave= con chiave) è la riunione dei cardinali chiamati a scegliere tra loro un papa. Fino a quando non lo hanno scelto restano pressoché segregati, senza contatti con l’esterno e senza che accanto a loro ci sia alcuna presenza estranea. Ora, la riunione dei maggiorenti del centrodestra che amministra il comune di Teramo è avvenuta senza alcuna segregazione di alcun tipo, con la partecipazione di molti estranei ed è stata quasi pubblica, con tanto di presenze giornalistiche e televisive, con ampie dichiarazioni pubbliche e senza alcun elemento di segretezza. Non c’era poi da eleggere alcun papa, visto che il papa, il sindaco Brucchi, è stato già scelto dagli elettori e che, pur volendo vedere nel ruolo di papa qualcuno più potente di lui, presente anch’egli alla riunione, anche se non è stato scelto dagli elettori, ha lo stesso radicate legittimazioni del suo potere all’interno del partito più grande della coalizione di maggioranza. Nessun conclave, dunque, Ma la riunione è stata ugualmente importante, facendo seguito ad una consuetudine inaugurata dall’allora sindaco Gianni Chiodi, con margini più stretti se non proprio di segregazione, quanto meno di segretezza e di isolamento, con in più la scelta di un sito più religioso e conventuale. L’importanza della riunione non è derivata dallo spessore e dalla rilevanza degli argomenti trattati, ma dall’obiettivo che si voleva perseguire, di accrescere lo spirito di squadra e di superare, mediante la ricerca di un comune punto di vista, qualche incomprensione e qualche discordanza finora emerse in un gruppo per la verità abbastanza coeso. Non tutti i nodi sono stati sciolti dal pettine e, tanto per essere chiari, non tutte le scelte dell’asse Tancredi-Brucchi sono state definitivamente condivise. I maldipancia dell’asse più piccolo che vede in Paolo Gatti uno dei vertici non sono passati del tutto. Ma lo sforzo di unità è stato compiuto e le linee sono state tracciate. E’ stata esibita un’unità non proprio corrispondente alla realtà, perché alcune riserve sono rimaste, anche se non espresse, e costituiranno il terreno sul quale alcuni confronti nel futuro saranno inevitabili. La decisione (che si dice giù presa dove “puote ciò che si vuole e più don dimandare”) di affidare all’ultimo dei Tancredi, Marco, neo consigliere, la delega della cultura, fin qui appannaggio dello stesso sindaco Brucchi che l’ha tenuta per sé, risulta non proprio considerata di buon grado da tutti. Ma i malumori e i maldipancia sono destinati a rimanere sommersi, perché non v’è in questa maggioranza chi non si avvede che farli emergere non è utile a nessuno e, anzi, è dannoso per tutti. Davanti a questa esibita unità di intenti della maggioranza di centrodestra, continua a fare impressione la totale disunità della minoranza di centrosinistra, che procede ancora senza compattezza, in ordine sparso, senza costrutto. Mai è stato così vero che la grandezza dei vincitori è stata determinata dalla pochezza degli sconfitti. Da una parte si ha un’idea di città, non necessariamente condivisibile, dall’altra si ha il vuoto assoluto e la capacità di dire sì o no alla proposta degli altri, ma nessuna capacità di elaborare una propria proposta e una visione di città alterativa e concorrente. Ecco, il centrosinistra sì che dovrebbe tenere un conclave, un conclave vero, segreto e riservato, per eleggere un papa, ammesso e non provato che tra i cardinali ci sia qualcuno degno di essere scelto alla suprema carica di leader indiscusso.