Il corrosivo del 22 settembre 2009

Immaginate che due persone, due persone normali, osservino da lontano un ponte a più arcate, senza disporre di un binocolo,  e comincino a discutere tra loro. Quante arcate ha quel ponte? Uno dei due dice che il ponte ha cinque arcate, l’altro risponde che ne ha sei. La discussione assume toni concitati, ognuno dei due dà del disinformato all’altro, dell’incompetente; sostiene che tutto il suo ragionamento relativo a quel ponte è sbagliato, visto che si basta su un dato errato, l’esatto numero delle arcate. Che pensereste voi di questi due che continuano a discutere, senza prendere l’iniziativa di avvicinarsi al ponte e di pronunciarsi in base all’esperienza visibile ravvicinata?  Che sono due folli, due visionari. E se poi questi due, senza avvicinarsi al ponte, cominciassero a discutere sull’altezza del ponte, sostenendo uno dei due che è alto cinquanta metri e l’altro controbattendo che il ponte è alto invece sessanta metri, che ne pensereste voi? Che sono entrambi folli e inconcludenti, perché continuano a discutere senza fare l’unica cosa concreta possibile per porre termine alle discussioni, una volta per tutte: avvicinarsi al ponte e servirsi di qualche mezzo di misurazione esatta. Molte delle discussioni politiche che avvengono tra politici, anche di casa nostra, mi sono sempre parse come le diatribe tra questi due individui che ho sopra richiamato, i quali pretendono di dire quante arcate abbia un ponte e che altezza, senza ricorrere ad un criterio obiettivo di osservazione e di misurazione. Come mai molti politici continuano a discutere tra loro, e a litigare perfino, su dati oggettivi che potrebbero risultare incontrovertibili solo che fossero seriamente verificati, una volta per tutte? Io mi spiego come per due politici sia possibile accapigliarsi e dividersi, anche per schieramenti, sulle scelte da farsi per il futuro: se si vuole che la città si sviluppi in una direzione piuttosto che in un’altra, se si voglia investire più in quel settore che in quell’altro, se si vogliano dipingere le case di quella via di giallo piuttosto che di rosso. Se si voglia realizzare un teatro invece che un asilo nido o un campo sportivo. Ma non mi spiego e non tollero che due politici possano continuare a discutere e ad accapigliarsi a lungo sostenendo l’uno di aver lasciato l’amministrazione da lui guidata con i crediti piuttosto che con i debiti e l’altro controbattendo che invece ha trovato, proprio succedendo al primo, debiti e non crediti. Non è possibile utilizzare un criterio oggettivo, che consenta di definire quale sia la realtà numerica? Ed è possibile per i due continuare a discutere e ad accapigliarsi, nel sostenere l’uno che ha seguito la legge per fare degli espropri e l’altro che non l’ha seguita, contravvenendo ad essa palesemente? Non è forse la legge un testo scritto, e quindi un dato certo, sia pure interpretabile?  Ed è possibile che due politici si accapiglino nel dire l’uno che un’amministrazione ha stanziato per un certo capitolo di bilancio una certa somma e l’altro che invece ne ha stanziata un’altra, ben diversa? Come è possibile discutere su dati che dovrebbero essere e sono certi, e non su pareri ed opinioni, che hanno una naturale incertezza e sono perciò, appunto, opinabili? Non mi spiego, perciò, come mai in questi giorni l’assessore all’urbanistica del Comune di Teramo, Corrado Robimarga, sia impegnato ad accapigliarsi su due fronti, sul primo con il centrosinistra teramano e sul secondo con il comitato di quartiere della Gannarana, su due questioni (il Piano Integrato di Casalena e alcuni espropri) che sarebbero di semplicissima soluzione sol che si facesse ricorso ad una delle possibilità concesse ad un giocatore di poker contro un avversario sospettato di bluffare: “andare a vedere”. Robimarga accusa entrambi i suoi avversari, il centrosinistra teramano e il comitato di quartiere della Gammarana di essere disinformati e mistificatori. I suoi avversari gli rovesciano addosso l’accusa. E’ tanto difficile “andare a vedere” e stabilire chi ha ragione? E tra D’Agostino, che dice di aver lasciato l’Amministrazione Provinciale in ottime condizioni economiche e finanziarie, e Catarra, che dice di aver trovato un baratro, una voragine, nei conti, è tanto difficile “andare a vedere” e stabilire chi dice il vero e chi no? Il bilancio di un ente pubblico è forse un’entità metafisica? O non è piuttosto, e più modestamente, una scrittura contabile che tutti possono leggere?