Il corrosivo del 8 settembre 2009

E’ sufficiente veder passare con una certa frequenza qualcuno davanti ad una banca per azzardare l’ipotesi che egli stia progettando una rapina? E’ evidente che no. E nessuno ha il diritto di chiedergli di provare che non la stia progettando. E’ sufficiente veder passare di frequente un giovanotto davanti alle finestre di una bella ragazza per azzardare l’ipotesi che stia preparando una serenata alla bella, essendosene innamorato? E’ evidente che no. E nessuno ha il diritto di chiedergli di fornire la prova che non lo stia facendo. E’ sufficiente vedere delle volpi partecipare ad alcune riunioni per azzardare l’ipotesi che esse stiano progettando uno sterminio di galline? La saggezza popolare ha sancito per questa ipotesi una grande probabilità nel noto proverbio: “Consiglio di volpi, sterminio di galline”. Ma a nessuno è consentito chiedere alle volpi che si sono riunite a consiglio di fornire la prova che non stiano preparando uno sterminio di galline, soprattutto quanto lo sterminio non è ancora avvenuto. Ma è del tutto consentito alle polizie di ogni stato e di ogni cultura giuridica procedere, dopo uno sterminio di galline, ad un serrato interrogatorio di tutte le volpi, e soprattutto di quelle che si sono riunite a consiglio, e chiedere loro un alibi. Non si dovrebbe chiedere a quelle volpi di provare la loro innocenza, ma, al contrario, spetterebbe agli inquirenti provare, con testimoni o altri elementi, la loro colpevolezza. Perché anche se non c’è volpe che non abbia come massimo desiderio uno sterminio di galline, non è detto che una specifica volpe abbia partecipato attivamente ad uno sterminio già avvenuto. E’ sufficiente venire a sapere che tre politici teramani, tutti ex democristiani, ma appartenenti a due schieramenti diversi, si siano ritrovati a tavola, in una occasione, per azzardare l’ipotesi che siano lavorando ad un progetto politico comune? E’ evidente che no. E non è consentito a nessuno di chiedergli di provare che non lo stiano facendo. Anche sapendo che si sono ritrovati insieme a tavola non una sola volta, ma, per loro stessa ammissione, più di una volta. Però… beh, c’è più di un però. Azzardata l’ipotesi che stessero lavorando ad un progetto di alleanza politica, magari trasversale, per fronteggiare un comune avversario politico, è consentito prendere per non buona una loro smentita? Credo di sì. Soprattutto se i tre politici in questione hanno la sfacciataggine di affermare che stavano parlando di argomenti futili, che so, di donne, di sport, di funghi, del più e del meno.  Può solo un’antica comune appartenenza alla balena democristiana, o una radicata amicizia, quasi un’adozione, o la passione comune per qualche hobby, essere presa per buona come asserito argomento conviviale? E’ legittimo per un cronista dubitarne. Ed è legittimo occuparsene e fare ipotesi, soprattutto nell’eventualità che, se l’argomento di conversazione fosse stato precipuamente politico, dal ripetuto rito del convito si sarebbero potute avere delle conseguenze nel quadro politico cittadino. E’ vero, occuparsi di personaggi di così picciolo calibro e di così scarsa caratura, di fronte ai problemi filosofici dell’umanità e ai misteri dell’universo, è veramente poca cosa, ma per chi non si sovviene ogni giorno dell’eterno e si prefigge di interpretare la realtà  cittadina e di proporre ai lettori le proprie interpretazioni (è questo che fa un cronista, a differenza dello storico), quest’occupazione non è proprio di nessun rilievo. Ed è del tutto legittima. Non è legittima, né giustificabile, la reazione scomposta di chi risponde sul piano personale ad alcune interpretazioni su una cena a tre commensali certo meno famosa e meno importante di una celebre “ultima cena”, che di commensali ne ebbe tredici, interpretazioni che si sarebbero potute semplicemente smentire e basta, senza eccessivi stracciamenti di vesti e senza esagerati strepiti. Forse in questo modo i tre commensali sarebbero stati più convincenti nel voler allontanare da sé il sospetto di essere ciò che invece altri affermano che essi siano: dei consumati mestatori della politica teramana.