Il corrosivo del 28 luglio 2009

Quando il direttore di questo giornale, Antonio D’Amore, mi propose di collaborare con la sua nuova iniziativa editoriale, un mensile a distribuzione gratuita che sarebbe entrato in tutte le case cercando di mettere a fuoco la nostra realtà provinciale, accettai subito con entusiasmo. Lo avevo avuto, tra l’altro, collaboratore a Verde TV, e ne avevo apprezzato l’inventiva e la competenza. Quando poi fu palese che stava pensando alla realizzazione di un quotidiano teramano, ancor prima che fosse lui a propormelo, mi affrettai ad offrirgli la mia disponibilità. Mi ritrovai così prima CITTADINO e poi nella CITTA’, essendo stato egli costretto dagli eventi a mutar testata, ma nemmeno molto. Negli anni ho continuato a condividere “un sogno”, come lo chiama lui. Perché di un sogno si tratta. Un sogno sognato da svegli, perché per fondare un giornale quotidiano e farlo vivere occorre essere e rimanere ben svegli, come per fondare una televisione e farla vivere. Pochi sanno quanto sia duro alimentare un sogno di questo tipo, che si fa ad occhi aperti, perché a tenerli chiusi uno si ritrova in pochissimo tempo a dover affrontare l’amara realtà di una soppressione o di una chiusura, ad opera di invidiosi, malevoli, infingardi, di quanti sono pronti, giorno per giorno, a mettere in pericolo quello che hai costruito con grande fatica. Ma, anche tenendoli aperti, gli occhi, a volte non riesci ad evitare i pericoli e la sopravvivenza della tua creatura, in una città come Teramo, soprattutto, è fatica improba, per tutta una serie di ragioni, che rendono pressoché proibitivo fare oggi quel si poteva fare in abbondanza ancora nei primi anni del novecento, cioè continuare a far vivere un giornale dopo averlo fondato. Non parliamo poi di un quotidiano, che a Teramo, quando c’è stato, è stato fatto male e non è durato a lungo. Quasi come per una maledizione divina, i primi numeri di iniziative editoriali a Teramo sono stati molti, ma si è sempre fatta fatica, una dannata fatica, a proseguire nella numerazione. Tanto da poter applicare a molti giornali teramani il concetto espresso con sarcasmo dal poeta Jacques Prévert alla dinastia dei Luigi di Francia, imbelli al punto da non aver saputo contare fino a… venti. Che il quotidiano teramano per i teramani diretto da Antonio D’Amore sia arrivato, con quello di oggi, al numero MILLE sa di miracolo. Un miracolo autentico. Perché io so che i pericoli, gli agguati, le difficoltà frapposte, i tentativi di soppressione e di “affamamento” e di “avvelenamento dei pozzi” sono stati molti e c’è voluto il coraggio di D’Amore per resistere e difendere le posizioni. Praticare un giornalismo comodo e di facciata è comodo. Fare un giornalismo scomodo è scomodo e crea molti nemici. A volte anche potenti. Non è facile resistere alle bordate, spesso multiformi. Occorre poi sostenere un quotidiano con un quotidiana inventiva, con fantasia, con creatività e di queste doti troppo spesso i giornalisti, anche quelli iscritti agli albi, scarseggiano. Si affermano le formule stantie, gli schemi consueti, le abitudini inveterate, le tendenze incasellate, le mode sempre uguali. E’ disagevole e non facile avventurarsi sul terreno di una ricerca continua del nuovo, di un sempre diverso modo di raccontare la città pur conservando una coerenza di fondo ed una fedeltà ai principi. Se ho continuato a collaborare a questo quotidiano teramano, e ad essere entusiasta di farlo, è stato perché ho ravvisato nell’iniziativa editoriale che lo sostiene autentica libertà di espressione, apertura mentale, ansia del nuovo, ma soprattutto una creatività non comunemente riscontrabile altrove.