Il corrosivo del 14 luglio 2009

E’ stata, parla l’evidenza, una Coppa Interamnia (ma quasi non si chiama più così), in tono minore. E’ stato inferiore il numero degli atleti, inferiore il numero degli intervenuti a qualsiasi titolo, inferiore il numero degli eventi di richiamo, inferiore la partecipazione della città. Partecipazione quasi sempre scarsa, ma questa volta quasi inesistente. Poche le risorse a disposizione, grave la crisi, gli abruzzesi e i teramani sono distratti, preoccupati e in ansia per il ripetersi e il succedersi continuo di scosse sismiche.. Eppure proprio quest’anno Teramo aperta al mondo (adesso si chiama così) è stata colpita sul piano sanitario da un’apertura che molti nel passato, recente e lontano, hanno considerato con sospetto. I nemici della Coppa Interamnia (ce ne sono sempre stati) non hanno perso l’occasione di far notare che aprirsi al mondo significa anche aprirsi ai rischi di epidemie o di pandemie.  Hanno assunto una posizione ridicola. Come se si possa chiudere una città moderna, con le sue tante relazioni, così come si cercava di fare, senza riuscirci nemmeno  allora, nel medioevo, chiudendo le porte delle città fortificate per impedire l’afflusso di forestieri, ritenuti eventuali portatori, sani o malati, di terribili morbi. Questi nemici della Coppa Interamnia e della modernità hanno auspicato una città chiusa in se stessa e rinserrata dentro le porte non per impedire l’entrata di Annibale alla guida del suo esercito e dei suoi elefanti, ma per impedire l’entrata di giovani giocatori di pallamano e dei loro supporters. Hanno fantasticato di una città abitata solo da teramani, chiusa ad ogni flusso turistico e ad ogni iniziativa. Non hanno perso tempo per le loro deliranti geremiadi e per  l’assunzione di atteggiamenti retrivi e anacronistici. Questa volta hanno avuto facile gioco nel prendersela non con la confusione dominante nelle vie, non con le lattine di birra vuote lasciate per terra a centinaia, non per gli angoli di vie e piazze trasformati in orinatoi a cielo aperto. No, hanno avuto facile gioco, grazie ad alcuni casi di sospetti o accertati casi di influenza suina, per vagheggiare una specie di cordone sanitario che impedisse ogni ingresso estraneo nella città dove vorrebbero vivere confinati e isolati, senza dover temere di essere contagiati. Povera gente! Ma la miseria di costoro e delle loro ridicole prese di posizione non può far velo e non può impedire di richiamare l’urgenza e la necessità di essere ben vigili di fronte ai pericoli, di ogni tipo, del villaggio globale ormai affermatosi come modello di vita e di cultura. Rimane inalterato e non attenuato l’obbligo delle autorità di vigilare sul rispetto della legge, delle regole del buon senso e della buona educazione, di temere alta la soglia di cautela e di salvaguardia delle norme igieniche e sanitarie, l’obbligo di tenere informati i cittadini sui pericoli reali o presumibili derivanti da casi di diffusione di un morbo o di una scossa sismica, di dire sempre e comunque la verità, senza volere ad ogni costo tranquillizzare, omettere, disinformare, nascondere la realtà. Rispettati questi obblighi, ben vengano i forestieri, i turisti, i visitatori, i giocatori di pallamano e di altri sport, e ben si aprano le porte agli scambi culturali e  agli apporti di civiltà, per evitare di trasformare una città viva in una città morta, monumento alle proprie paure e ai propri pregiudizi.