Il corrosivo del 5 maggio 2009

In questi giorni si aggirano per la città famelici come lupi, ma non in branco, e cacciano le prede con attacchi isolati, avvistandole e poi tendendo agguati di soppiatto. Quando sferrano l’attacco sono coraggiosi, impudenti, insistenti, e non mollano la presa, proprio come fanno i lupi quando addentano un tenero agnellino o una pecora impaurita.  Se preferite, paragonateli non ai lupi in cerca di prede, ma  a cacciatori di teste, spietati quanto arditi, temerari quanto crudeli. Ma non sono cacciatori di teste, sono cacciatori di voti. Vanno in giro per le strade e per le piazze con gli occhi aguzzi e la bocca spalancata, pronta a far partire la loro richiesta di voti. Non chiedono un voto per sé, ma per qualcun altro. Sono cacciatori per conto terzi: per un figlio, per un padre, per una sorella, per una nuora, per un parente, per un amico o per un semplice conoscente. Alcuni di loro preferiscono la tattica della richiesta diretta, avvicinano il malcapitato e chiedono il voto a bruciapelo, senza nemmeno dare il tempo di respirare a chi fanno oggetto della loro aggressione. Non danno il tempo di meditare una risposta, magari evasiva, di prendere tempo e cercare una giustificazione, una qualsiasi, insistono per avere subito un sì o un no, per carpire con le buone o con le cattive, ma con insistenza sovrumana, un sì, e diventando ancora più aggressivi se ottengono in risposta un no. Chiedono che quel no sia motivato, che si spieghino le ragioni ostative, cercano le mille vie della persuasione Altri cacciatori di voto si comportano come i molestatori di cui parla Orazio in una sua satira. Preferiscono la circospezione. Avvicinano la preda e attuano la tattica dell’aggiramento, prendono la questione alla larga, magari rammaricandosi di non aver avuto da tempo il piacere di un incontro, chiedono notizie sui parenti vicini e lontani e poi, a mano a mano, in giri concentrici sempre più stretti, arrivano al cuore del problema: la richiesta di voto. Che si fa strada all’improvviso, in un profluvio di parole pronunciate con la dolce rotondità della recita di un sonetto d’amore, con le movenze del corteggiamento di un cigno innamorato.. La richiesta di voto, al termine di una circonvoluta serie di paroline melliflue, arriva rapida, inattesa e improvvisa come una coltellata, facendo mancare letteralmente il fiato a colui al quale essa viene inferta. I cacciatori di voti si aggirano nell’ombra in cerca di prede, si fanno prendere dalla frenesia non appena ne hanno avvistata una, pronti a sparare una raffica di ragioni per spiegare perché sarebbe utile, opportuno e perfino bello dare il voto al proprio raccomandato, indipendentemente dalla lista nella quale si trova inserito e i cui valori politici e programmatici vengono ritenuti del tutto indifferenti e non meritevoli di alcuna considerazione. Non è raro vedere un cacciatore di voto attendere alla distanza di qualche metro che un altro cacciatore di voto abbia concluso il proprio attacco, nella speranza che fallisca, e poi, senza perdere tempo, gettarsi anch’egli sulla stessa preda designata e provare il proprio attacco, nella speranza di ottenere migliore fortuna. Non è raro per chi si trova a passeggiare in piazza o per qualche via della città dover subire nel breve spazio di pochi minuti l’attacco in successione di un numero impressionante di questi cacciatori, tutti sguinzagliati in una impresa capace di osare l’inosabile. Più si avvicinerà la data delle elezioni e più aumenterà il numero dei cacciatori, più si accrescerà la loro audacia, più diventerà grande la loro temerarietà. Diventeranno sempre più frenetici, come vampiri succhiatori di sangue in crisi di astinenza. Non si accontenteranno di un semplice sì. Chiederanno che esso sia sancito da un impegno solenne, da una specie di giuramento. I più feroci e spietati sono quelli che ti chiedono il numero della tua sezione elettorale. Sono quelli che non ti daranno scampo se avranno il sospetto che la promessa di voto non sarà stata mantenuta.