Il corrosivo del 17 febbraio 2009

Ricorre oggi l’anniversario della morte (quella sì che fu un assassinio) di Giordano Bruno, il grande filosofo nolano, uno dei più grandi filosofi italiani, che precorse i tempi e vide anzitempo. Morì, bruciato vivo su un rogo acceso a Campo dei Fiori a Roma, per avere espresso delle idee e dei principi filosofici che la Chiesa del tempo ritenne inconcilibili con la propria dottrina. Oggi la Chiesa sostiene, e con forza, il diritto alla vita di tutti (purché, ovviamente, si tratti di uomini, fatti da Dio a sua immagine a somiglianza e dotati di un’anima, infusa nel corpo in un tempo non bene non scientificamente precisato, ma assai presto, molto presto, tanto che qualche illuminato teologo si azzarda a dire che l’infusione avvenga addirittura all’atto del concepimento). Mi fa rabbia pensare a come oggi la Chiesa si affanni a sottolineare e a sostenere il diritto alla vita di tutti i viventi animati (esclusi perciò gli animali che un’anima con ce l’hanno, e mi inquieta pensare che a lungo, molto a lungo la stessa Chiesa ha fatto fatica ad ammettere che un’anima ce l’avesse anche la donna). Mi fa rabbia pensare questo pertinace gridare al diritto alla vita, quando tale diritto non fu riconosciuto a Giordano Bruno. Il grande Trilussa, in un suo celebre sonetto, a modo suo, cioè con il sarcasmo, scrisse che Bruno aveva fatto la fine dell’abbacchio del forno in nome del libero pensiero. Il diritto alla vita viene sostenuto con forza dalla Chiesa, ma, a quanto pare, non ancora il libero pensiero, in nome del quale si immolò il 17 febbraio del 1600 Giordano Bruno e in nome del quale si dovrebbe tornare ad immolarsi ancora oggi, se la Chiesa avesse conservato (e pare pretenderlo almeno sul piano della legiferazione positiva) un minimo di potere temporale, con tanto di condanne a morte, che lo Stato del Vaticano è stato uno degli ultimi a comminare. Mi viene in mente la figura di Mastro Titta, il celebre e famigerato boia marchigiano, che tante teste decollò per ordine del Papa in un tempo che non ci è poi tanto lontano. A Bruno non venne concessa nemmeno una morte veloce, sbrigativa, torturato perché abiurasse le sue convinzioni (cosa che non volle fare), in catene fu issato in Campo dei Fiori a Roma e dato alla fiamme. Gli uomini e le donne, e i filosofi, e i pensatori di ogni tempo e di ogni cultura dovrebbero oggi fermarsi a riflettere quanto possa essere cinico, crudele e spietato il potere che si ammanta di formule religiose, che assai spesso assumono la forma delle formule vuote, antiumanitarie. Chi sta ancora gridando che a Udine Eluana è stata assassinata non ha ancora mentalmente e culturalmente chiesto perdono per aver assassinato, e in modo barbaro, Giordano Bruno, per avere indotto all’abiura Galileo Galilei senza avere ancora completamente ammesso i propri errori, ma continuando ad additare con l’atteggiamento del giudice gli errori degli altri, pretendendo di irrogare ancora l’esemplare punizione. Oggi, 17 febbraio2009, a tanta distanza di tempo da quel rogo acceso in Campo dei Fiori, dedichiamo un pensiero, oltre che alla triste sorte, e drammatica, di Eluana, alla triste sorte (ancora più triste) e drammatica (ancora più drammatica), di Giordano Bruno, al quale un Papa avrebbe potuto risparmiare la vita in nome del diritto alla vita (che oggi un altro Papa si affanna a conclamare) e non lo fece. Lasciate che nel ricordare Giordano Bruno e la sua tragica fine, io ricordi anche ciò che disse ai giudici, tutti ecclesiastici, che lo condannarono a morte, senza che gli si riconoscesse il diritto alla vita, senza che un Papa muovesse un dito. Dopo essere stato condannato a morte, disse sprezzante, quasi bisbigliando perché la sua lingua era secca per la sete e le sofferenze inflittegli: “Avete più paura voi!” Ecco, io credo che ciò che muove oggi tanti ad affermare il diritto alla vita dopo averlo negato per tanti secoli sia, ancora, la paura. Una paura senza storia e senza tempo.