Il corrosivo del 12 gennaio 2009 

Una permanenza a Teramo un po’ più lunga del solito (rispetto alla media di questi ultimi due anni) mi dà la consapevolezza di quanto mi manchino alcune cose alle quali mi sono, evidentemente, abituato ultimamente nella città veneta che mi ospita, spero temporaneamente: Bassano del Grappa. Bassano non è capoluogo di provincia, ma aspira a diventarlo, anche adesso che va di moda proporre, ma solo a parole, l’abolizione delle province. Le aspirazioni della cittadina del famoso ponte degli alpini, più volte ricostruito dopo purtroppo frequenti eventi bellici, si basano proprio su quegli aspetti di vita vissuta che mi mancano a Teramo e sono tutti collegati alla funzione di capoluogo. Bassano (42.668 abitanti per l’ISTAT al 31 maggio 2008) è più piccola di Teramo (54.974 abitanti secondo la stessa fonte), ma ha tutt’intorno numerosi altri comuni, dai quali in molti casi è divisa solo da un fronte stradale, con i quali vive in una simbiosi che le riconosce un primato e un ruolo di capoluogo di fatto. La domenica, invece di spopolarsi, come fa Teramo, Bassano si popola di abitanti dei comuni vicini, attratti da elementi socio-culturali e antropologici la cui mancanza fa di Teramo una città che si svuota, non solo d’estate, ma in ogni festa comandata. I teramani se ne vanno, abbandonano la città, raggiungono la costa o altri luoghi di identica o ancora maggiore attrazione. Se Bassano attrae, Teramo “distrae”, se Bassano avvicina, Teramo allontana. Basta fare un elenco delle cose che Teramo offre ai propri cittadini per capire la povertà delle offerte è alla basa di una mancanza di attrattiva per eventuali visitatori o ospiti di passaggio. Non serve dire che Bassano ha una vocazione turistica, perché, a parte il famoso ponte, di turistico in quanto tale non ha niente altro che abbia valore. Il segreto di città che possono aspirare ad essere capoluogo di provincia anche quando non lo sono è in altro: nell’efficienza dei servizi, in una ospitalità di base, nel decoro urbano, nell’addobbo complessivo della città, nell’insieme dell’offerta culturale. Occorre, insomma, che una città, per essere capoluogo, sia viva e, invece, di Teramo una volta si diceva che era morta, oggi si potrebbe dire, per essere più generosi, che è una città dormiente. La polverizzazione delle attività commerciali e la nuova logica della grande distribuzione non usufruiscono di elementi di riequilibrio. Le attività ricreative languono e le iniziative sono sporadiche e scollegate tra di loro. Perfino il centro storico è scollegato socialmente con le periferie urbane, che risultano distanti anni luce non tanto sul piano dei collegamenti viari quanto sul piano della logica residenziale. Lo svuotamento del centro storico degli antichi abitanti e il fenomeno di centrifugazione delle loro residenze ha costruito, urbanisticamente, un polo centrale di nessuna capacità di attrazione, fatta eccezione di una piazza che è il luogo degli scambi relazionali solo per pochi e sempre più anziani, un borgo desolatamente vuoto nei giorni in cui fa freddo e piove, ma anche in quelli in cui c’è il sole, fa caldo e si sta bene perché allora i teramani preferiscono lasciare la città per recarsi al mare. Il parametro della ricettività alberghiera e quello delle presenze effettive di non residenti ci danno un quadro della situazione che risulta assolutamente deprimente. Salvo che per chi ci abita, ci sono sempre meno ragioni per venire a Teramo, sia per chi abita in periferia, sia per chi abita nei comuni vicini. Per di più quando ci si prova la mancata soluzione di tutti i problemi di traffico che ci assillano da anni risulta del tutto scoraggiante, perché ci vuole un’eternità sia per arrivare a Terano che per allontanarsene, risultando del tutto misterioso ed inspiegabile perché un volume di traffico nemmeno esageratamente grande provoca sempre tanti problemi, soprattutto quando piove. E’ impossibile, o difficile, non solo arrivare a Teramo e allontanarsene, ma perfino sostare, considerato che i parcheggi vengono gestiti con criteri non sempre comprensibili, sono costosi e scoraggianti e l’uso dei varchi elettronici appare irrazionale e illogico. Perché una volta avevo nostalgia della mia città stando a Bassano e adesso, sempre più spesso, provo nostalgia per Bassano stando nella mia città? Solo perché ci sono due nipotini che mi aspettano?