Il corrosivo del 14 marzo 2007   

 

L'armamentario di sempre

 

     Nei partiti continua la stagione dei congressi e torna l’armamentario di sempre: le correnti, le mozioni, le schede e, soprattutto, le tessere. Il congresso è la santificazione delle tessere. Le tessere sono lo snodo di ogni fatto congressuale. Non sempre autentiche e genuine, a volte decisamente false, come accuse e controaccuse affermano e negano. Le polemiche sulle tessere sono tutte pre-congressuali e non manca l’accusa estrema di aver tesserato anche i morti. Poi, quando il congresso comincia, le polemiche sulle tessere si spengono e ne cominciano delle altre. Chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Comincia il momento delle mozioni, anche quando le mozioni non ci sono. Perché le correnti ci sono sempre, anche quando fanno finta di non esserci. Piccoli e grandi elettori, rappresentati e rappresentanti, giunte, cooptazioni, minoranze da garantire negli organismi rappresentativi. La terminologia è un florilegio di fantasia italiana. Poi le parole, le parole, tante parole, rivestono i concetti come fossero i vestiti della festa. I programmi, le linee politiche, gli assetti, gli equilibri.

     E’ un carosello che nasconde una realtà semplice semplice. I giochi sono già stati fatti, prima del congresso, e quando non sono stati fatti del tutto li si conclude non nella sala dove si continua a parlare, di tutto, ma nelle stanze segrete, perché ce n’è sempre qualcuna, dove si tratta e ci si mette d’accordo. Perché ci si mette d’accordo sempre, anche quando è difficile. I congressi sono l’humus del potere. Qui viene riconosciuto, acclamato, sancito anche in quei partiti dove apparentemente di potere da gestire sembra che non ce ne sia molto. Di questi tempi, partiti dove non ci sia un potere da gestire, anche piccolo, non ce ne sono più.

     Oggi anche i partiti di opposizione hanno un loro peso e qualcosa da distribuire in termini di potere. Il congresso è il luogo dove si dice che ci si conti e ci si riconti, per determinare il peso congressuale e quindi il potere elettorale. Non è così, perché ci si è già contati prima e le unità di peso e di misura sono ogni volta diverse, dipendono dalle circostanze di luogo e di tempo. Una volta i congressi dei partiti delle due estreme non solo differivano tra loro, ma differivano anche da quelli dei partiti di centro. Oggi i congressi sono quasi tutti eguali, perché almeno in questo, e in qualche altra cosa, la democrazia ha uniformato, statuti e perorazioni, e così anche la tipologia di congressi. Tessere che non sono tessere, numeri che non sono numeri, mozioni che non sono mozioni ma correnti, schieramenti, gruppi, perché nel partito tutto è clan ed è il clan che distribuisce incarichi e prebende. Poi, quando il congresso è finito, residua un che di folclorico e di colorito, come lungo la strada restano i coriandoli dopo il passaggio del corteo di Carnevale. Comincia l’arrembaggio ai posti che contano.

     Tutti ai posti di combattimento ! E ognuno cerca di raggiungere il posto più alto nella nave, con la differenza che in una nave coloro che sono più in alto, magari sui pennoni, sono esposti alle folate di vento e ai colpi dei nemici, mentre qui, nei partiti, coloro che occupano i posti di rilievo, quelli più alto, sono coloro che stanno meglio e al riparo dai pericoli. Non sono pochi coloro che hanno occupato gli stessi posti, o quasi, pur avendo partecipato a numerosi congressi di numerosi partiti diversi, perché qui il cambiare casacca non è cosa vituperabile, ma elemento distintivo e qualificante. Chi si pone fuori dal coro, ad osservare questa variopinta umanità, che si affanna alle prese con le tessere e con i voti congressual,i e fa qualche colorita osservazione critica viene subito impallinato da tutti, che in questo sono solidali e coesi. Si tratta di un qualunquista, che quindi non ha diritto di parola né, quasi, di cittadinanza, in una democrazia.